Quali sono le ragioni che spingono le persone verso questa scelta radicale? Ma soprattutto, come si può prevedere ed arginare la dispersione di risorse in azienda, al fine di avere le risorse necessarie per ricostruire? Quando anni fa ho raccontato sulle pagine di Vanity Fair la mia storia, riportavo di essere stata etichettata come “pazza”. Sapete come in realtà è stato poi intitolato l’articolo? “Chi fa un passo indietro per farne due avanti”. Mai frase risulta più attuale di questa…

Me ne vado perché voglio una vita diversa

 è la giustificazione che due risorse hanno dato la settimana scorsa ad una mia amica, HR di un noto e ambitissimo brand del lusso.

Me ne vado perché ho capito che voglio stare più vicino alla mia famiglia e non mi interessa fare parte del consiglio di amministrazione

ha detto  un Direttore Generale al suo Ceo.

Tre persone ambiziose, tre manager con alto potenziale, in azienda da 3 / 4 anni e felici del loro lavoro fino a pochi mesi fa, scoprono di avere nuove priorità. Dall’analisi di queste nuove esigenze, traggo due considerazioni:

Il mercato del lavoro cambierà in modo non ancora prevedibile: la disoccupazione aumenterà, ma con ogni cambiamento si generano nuove opportunità, perché spesso non è il mondo ad essere povero di occasioni, bensì siamo noi ad avere una visione impoverita del mondo. Cosa state facendo per cogliere le occasioni che il mondo vi sta offrendo?

Se si desidera altro e si pensa di poterlo trovare altrove, è meglio seguire la propria nuova ambizione, piuttosto che essere un persona polemica e insoddisfatta.

Non trovate?

Ci sono cose che dipendono da noi e altre che non dipendono da noi: se come azienda, o come capo, non posso dare alla mia risorsa quello di cui ha bisogno, non posso farmene una colpa se una persona ha dei desideri e valori di vita diversi da quelli dell’azienda e vanno in parallelo.

Che cosa è successo nel concreto? Come mai la motivazione in queste persone è cambiata? La risposta è concreta e tangibile:

Il circuito motivazionale di ciascuno di noi contiene quantità diverse di dopamina, che sono neurotrasmettitori, e permettono di entrare in relazione con i recettori di altri neuroni.

Per attivare le reazioni corrispondenti, le persone con minore quantità di recettori necessitano di una maggiore dose di dopamina. In parole povere: alcuni di noi riescono a svolgere senza stancarsi anche compiti molto ripetitivi e poco premianti. Altri invece, in assenza di stimoli o gratificazioni, perdono interesse: è il segno che hanno un minor numero di recettori di dopamina e pertanto dovrà ricevere più gratificazione per restare motivato. Si tratta di differenze fisiologiche, uno dei tanti aspetti che determina la vasta gamma di temperamenti umani.

Le gratificazioni, quello che ci stimola e dà piacere, sono concetti soggettivi che ciascuno scopre nel corso della vita e sperimentando: in questo periodo abbiamo sperimentato cose nuove, che hanno stimolato la ricerca di nuove gratificazioni.

È inutile cercare di capire perché alcune persone sono diventate “matte”! La gratificazione è una questione di fisiologia, e in una società fluida, non è certamente possibile bloccare i bisogni delle persone che collaborano con noi, o aspettarci che rimangano sempre uguali nel tempo.